L’art. 49 della legge n. 99/2009 (cosiddetta legge sviluppo) ha riscritto l’art. 140-bis del codice del consumo (mai entrato in vigore a motivo di successive proroghe), recante la disciplina dell’istituto dell’azione di classe nel nostro ordinamento. Le novità introdotte, rispetto alla formulazione originaria dell’art. 140-bis, non riguardano tanto l’aspetto sostanziale, quanto quello processuale.
Dal punto di vista sostanziale, infatti, al cambiamento di nome – “l’azione collettiva risarcitoria” è diventata ora “azione di classe” – non si sono accompagnate modifiche di rilievo: l’azione tutela, ora come nella formulazione originaria, i diritti individuali omogenei di una pluralità di consumatori e utenti, siano essi di natura contrattuale o extracontrattuale, tra cui i diritti espressamente previsti al ristoro del pregiudizio derivante da pratiche commerciali scorrette e da comportamenti anticoncorrenziali.
Sotto il profilo processuale, invece, alla frettolosa stesura della prima versione della norma si è ora sostituito un testo senz’altro più meditato, che lascia meno spazio ad incertezze e dubbi interpretativi e che appare complessivamente più idoneo a tutelare le posizioni delle parti in campo.
› La nuova class action, si applica agli illeciti compiuti successivamente al 15 agosto 2009 ed è esperibile dal 1° gennaio 2010.0519
› La legittimazione attiva è riconosciuta a ciascun singolo componente della classe, “anche mediante associazioni cui dà mandato, o comitati cui partecipa”: è dunque sparita la legittimazione “privilegiata” delle associazioni di cui all’art. 139 codice del consumo, alle quali – secondo la precedente formulazione della norma – si univano, in posizione quasi subordinata, associazioni e comitati adeguatamente rappresentativi degli interessi collettivi fatti valere, con esclusione, in ogni caso, della legittimazione del singolo ad agire a tutela dell’interesse collettivo.
› I limiti soggettivi dell’azione (e del giudicato destinato a formarsi a seguito della stessa) conseguono al modello dell’opt-in prescelto dal legislatore: l’azione collettiva vincola solo coloro che l’hanno promossa o vi hanno aderito, salva la facoltà di quanti non vi abbiano aderito di proporre singole azioni individuali, ma non un’ulteriore azione collettiva.
› La competenza territoriale è ora attribuita al tribunale del capoluogo della regione ove ha sede l’impresa, fermo restando che la competenza facente capo a talune regioni è stata accorpata ad altre: una concentrazione di competenza che dovrebbe favorire la formazione di una giurisprudenza uniforme, frutto di una scelta concettualmente uguale, anche se non sempre coincidente sotto il profilo geografico, a quella che ha condotto all’istituzione delle sezioni specializzate in proprietà intellettuale.
› Il giudizio è diviso in due fasi: una fase preliminare dedicata alla verifica dell’ammissibilità della domanda, nonché alla decisione sull’eventuale sospensione del giudizio, qualora sui fatti rilevanti ai fini del decidere sia in corso un’istruttoria davanti ad un’autorità amministrativa indipendente (AGCM, AGCOM, Consob) o davanti al giudice amministrativo; e una fase di merito, dedicata all’accertamento della responsabilità dell’impresa e alla determinazione delle somme spettanti a quanti hanno aderito all’azione.
› La domanda può essere dichiarata inammissibile quando non sussistano i presupposti per l’azione di classe (manifesta infondatezza, non identità dei diritti fatti valere). Oppurequando il proponente non appaia in grado di curare adeguatamente gli interessi della classe(per conflitto di interessi od altre ragioni da accertarsi caso per caso).
› L’ordinanza che decide sull’ammissibilità dell’azione è reclamabile davanti alla corte d’appello, e costituisce uno snodo fondamentale del giudizio non solo quando, ritenendo l’azione inammissibile, lo definisce, con condanna del soccombente alle spese, anche di pubblicazione; ma anche quando ritiene l’azione ammissibile. In questo caso, infatti, l’ordinanza determina l’ambito del giudizio, definendo i caratteri dei diritti individuali che formeranno oggetto dello stesso, e i criteri in base ai quali i soggetti che richiedono di aderire devono ritenersi inclusi o meno nella classe.
› La fase di merito non è rigidamente vincolata alle regole dell’ordinario processo civile. Il tribunale gode di ampie facoltà organizzative, subordinate ovviamente al rispetto del contraddittorio, ma finalizzate ad assicurare “l’equa, efficiente e sollecita gestione del processo”; in particolare, gli è attribuita la facoltà di adottare “misure atte ad evitare indebite ripetizioni o complicazioni nella presentazione di prove o argomenti”.
› La sentenza di condanna diventa esecutiva decorsi centottanta giorni dalla sua pubblicazione, spatium deliberandi lasciato all’impresa, evidentemente, per verificare lapossibilità di raggiungere soluzioni transattive. L’interesse dell’impresa a recuperare agevolmente, a seguito di una riforma della sentenza in appello, quando sia stata ingiustamente condannata a pagare in primo grado, trova risposta nella facoltà della corte di disporre che la somma complessivamente dovuta la debitore sia depositata e resti vincolata fino la passaggio in giudicato della sentenza.
› Il tribunale che pronuncia sentenza di condanna procede anche alla liquidazione delle somme dovute a chi ha aderito all’azione di classe, oppure stabilisce il criterio omogeneo di calcolo per la liquidazione di tali somme.
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Sull’argomento, segnaliamo l’articolo dell’Avv. Paolina Testa reperibile nella Newsletter di novembre (n. 3 del 2009) pubblicata da AIPPI (Associazione Internazionale per la Protezione della Proprietà Intellettuale).
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