Con sentenza del 26 aprile 2022, in causa C-401/19, la Corte di Giustizia ha avuto modo di pronunciarsi sul regime di responsabilità dei fornitori di servizi di condivisione dei contenuti online delineato dall’art. 17, Dir. (UE) 2019/790, a seguito di un ricorso per l’annullamento della disposizione, presentato dalla Repubblica di Polonia.
Come è noto, l’art. 17 della Direttiva Copyright (recepita in Italia col D. lgs. 8 novembre 2021, n. 177) prevede per i fornitori dei servizi di condivisione dei contenuti online (ossia i social network) un regime di responsabilità diverso da quello previsto per i fornitori di servizi della società dell’informazione dagli artt. 12 – 15, Dir. (CE) 2000/31, ed in particolare dall’art. 14, dedicato ai servizi di hosting. Ai sensi di tale disposizione (recepita in Italia dall’art. 16, d.lgs. 70/2003) il fornitore di servizi di hosting (e quindi anche i social network) non erano responsabili delle informazioni memorizzate sulla piattaforma e caricate dagli utenti, a condizione che il fornitore non fosse al corrente della natura illecita delle informazioni memorizzate e che, non appena venuto al corrente di tali fatti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni. La direttiva Copyright prevede invece che per alcuni tipi di hosting, ossia quelli che memorizzano e mettono a disposizione del pubblico «grandi quantità di opere protette dal diritto d’autore o altri materiali protetti caricati da suoi utenti», organizzati e promossi a scopo di lucro, la disposizione dell’art. 14 dir. 2000/31 non si applichi. In questo caso, per non essere considerato responsabile per i contenuti illeciti (perché in violazione del diritto d’autore) presenti sulla piattaforma, il fornitore di servizi deve anzitutto «dimostrare di avere compiuto i massimi sforzi» per ottenere l’autorizzazione del titolare dei diritti; poi «dimostrare di avere compiuto i massimi sforzi» per assicurare che non siano disponibili opere in violazione dei diritti d’autore (a seguito della segnalazione del titolare); ed in ogni caso, devono agire tempestivamente per rimuovere i contenuti a seguito della segnalazione nonché di compiere i massimi sforzi per impedirne nuovi caricamenti in futuro.
Ed è in particolare su questi ultimi obblighi imposti dall’art. 17 che si fonda il ricorso per annullamento presentato dalla Polonia, obblighi ritenuti tali da effettuare una compressione ingiustificata del diritto alla libertà di espressione, garantito dall’art. 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Con l’art. 17, sostiene la ricorrente, i fornitori sarebbero costretti a controllare preliminarmente tutti i contenuti caricati, prima della loro diffusione al pubblico. Stante la quantità di informazioni caricate ogni istante su tali piattaforme, l’unico modo per effettuare tale tipo di controllo è tramite strumenti di filtraggio automatico, con il rischio non indifferente di bloccare contenuti leciti. La Polonia ricorda come l’art. 52 della Carta prevede la necessità di bilanciamento di effettuare un adeguato bilanciamento nel caso di contrasto tra diritti fondamentali: la libertà di espressione da un lato (art. 11 Carta), e la proprietà intellettuale dall’altro (art. 17 Carta): bilanciamento che, ad avviso della ricorrente, non viene effettuato dall’art. 17 della direttiva.
La Corte, rigettando il ricorso, afferma invece che l’art. 17 della direttiva Copyright effettua in maniera corretta il bilanciamento tra i due diritti fondamentali, secondo il principio di proporzionalità. La norma infatti, non precisando né i mezzi tecnologici né le concrete modalità che il fornitore dei servizi deve adottare, permette ai fornitori di servizi possono ricorrere alle misure più idonee alle risorse e alle capacità di cui dispongono, come già più volte affermato dalla Corte medesima in relazione al regime di responsabilità della direttiva (CE) 2000/31.
Con riferimento poi ai requisiti posti dalla norma perché il fornitore possa essere esente da responsabilità per i contenuti caricati, la Corte ricorda che l’art. 17 della direttiva non prevede che i fornitori siano tenuti a prevenire il caricamento dei contenuti illeciti di per sé, dato che una tale attività richiederebbe da parte delle piattaforme una valutazione della liceità dei contenuti. La norma prevede invece che i fornitori agiscano per rimuovere ed impedire l’ulteriore caricamento di un contenuto che è stato qualificato illecito, perché in violazione del diritto d’autore, dal titolare del diritto stesso.
Avv. Chiara Pappalardo
categoria:Diritti della personalità