Come avrete letto sui giornali in questi giorni, il Tribunale di Roma ha definito la causa pendente tra il celebre maestro Beppe Vessicchio e la televisione pubblica (RAI e RAI COM). La sentenza, datata 14.06.2023 ma resa nota ad agosto, è stata subito acclamata come storica per i diritti di produttori musicali e artisti interpreti esecutori.
La controversia, instaurata da Vessicchio e da una società di cui è legale rappresentante, CIAOSETTE, aveva ad oggetto la richiesta di condanna delle convenute al pagamento delle somme spettanti al produttore fonografico ex artt. 73 e 73bis L.d.A., a seguito delle utilizzazioni effettuate dalla RAI nel programma televisivo “La prova del Cuoco”, dal 2000 al 2018, dei supporti fonografici contenenti la fissazione di alcune opere musicali realizzate ed eseguite dallo stesso Vessicchio, su commissione, per essere utilizzate come colonne sonore del programma televisivo.
RAI e RAI COM avevano contestato la fondatezza delle domande avversarie, sostenendo – in estrema sintesi – che gli attori non avessero i requisiti di produttore fonografico e non sussistessero in capo a loro nemmeno i diritti connessi del produttore fonografico, giacché tali diritti erano stati acquisiti da RAI COM, trattandosi di opere musicali realizzate in attuazione del rapporto di commissione intercorso con Vessicchio e dei contratti di edizione successivamente stipulati.
Il Tribunale ha ritenuto infondate le contestazioni mosse dalle convenute con riguardo alla dedotta non ravvisabilità nel caso di specie della qualifica di produttore fonografico. Ha rilevato, in particolare, il Collegio, che la qualifica di produttore fonografico e il conseguente diritto alla corresponsione dell’equo compenso previsto dagli artt. 73 e 73bis L.d.A. spetti a chiunque abbia assunto l’iniziativa e la responsabilità della prima fissazione dei suoni su un supporto fonografico (master), indipendentemente dal fatto che esso rivesta anche la qualifica di imprenditore commerciale e dal fatto che la fissazione sia avvenuta nell’ambito di un’attività commerciale finalizzata alla messa in commercio delle copie. Inoltre, secondo il Collegio, anche investimenti di modesta entità possono essere idonei a realizzare la prima fissazione dei suoni su un supporto fonografico in grado di essere utilizzato da terzi. Sicché, quand’anche la prima fissazione delle opere musicali fosse avvenuta al solo fine di consegnare il master all’utilizzatore finale (la RAI) gli attori avrebbero comunque acquistato ad origine la qualifica di produttori fonografici e i conseguenti diritti.
Parimenti irrilevante è stata ritenuta la circostanza dedotta da parte convenuta che i fonogrammi in contestazione non sarebbero stati pubblicati a fini commerciali, ma sarebbero stati realizzati e utilizzati nelle sole trasmissioni RAI. Anche le registrazioni di musiche semplici, come le sigle di una trasmissione televisiva, sono fonogrammi per la cui diffusione è dovuto un compenso al produttore e agli artisti.
Il Collegio ha ritenuto irrilevante anche la questione della titolarità dei diritti d’autore delle opere musicali in capo al committente o la cessione dei medesimi diritti all’editore RAI COM. L’incarico di scrivere una musica non implica anche la cessione dei diritti sulla relativa registrazione, se questa cessione non risulta dall’accordo, come nel caso di specie.
Conseguentemente, in parziale accoglimento della domanda proposta dagli attori e previo accoglimento parziale dell’eccezione di prescrizione sollevata dalle convenute, il Tribunale ha condannato la RAI al pagamento in favore degli attori dei compensi a loro spettanti ai sensi dell’art. 73 LDA in qualità di produttori fonografici per tutte le utilizzazioni delle opere musicali contenute nei fonogrammi oggetto di causa, a decorrere dal 29.09.2006 fino al 3.04.2018.
La causa è stata rimessa sul ruolo istruttorio al fine di quantificare l’esatto ammontare dei compensi, previo espletamento di apposita consulenza tecnica contabile. Aspettiamo quindi la pronuncia sul quantum, salvo che nel frattempo le parti non raggiungano un accordo.
Avv. Luciana Porcelli
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